Qualche curiosità su Raimondo Mirabile, futurista, di Graziano Versace

Personalmente trovo fantastico quando un autore racconta l’origine del suo romanzo, forse perché in fondo credo che nell’inventare storie e nel dar vita ai personaggi ci sia un pò di magia. Cerco ancora tra le parole dell’autore quella frasetta misteriosa, quel non so da dove sia venuta che ti fa pensare che forse, da qualche parte, la storia è accaduta davvero.
Che forse quel personaggio è esistito davvero.
Patetico? Probabilmente.
Infantile? Ma un pò sì, dai.
Però penso anche che se siamo qui è perchè almeno un po’ ci crediamo, alle storie che ci raccontano o che siamo noi a raccontare.

Qualche curiosità su Raimondo Mirabile, futurista
di Graziano Versace

Non so da dove nascano le idee, posso provare a immaginarlo, a fantasticarci sopra, ma so per certo che quando hai un’ispirazione, il risultato finale sarà quasi sempre diverso dalla matrice originale. Per Raimondo Mirabile, futurista è stato così. All’inizio (parlo di tanti anni fa), doveva intitolarsi Un mondo in vendita, e Raimondo era un quanto mai poco probabile Inigo Zac, inventore e scienziato di non si sa che cosa, simile a Doctor Who versione Tom Baker, per il quale nutrivo una forte ammirazione, nonostante i telefilm fossero pressoché improponibili, e i libri rigorosamente in lingua fossero più che discutibili da un punto di vista letterario (Daniele Bonfanti e Luigi Acerbi avrebbero avuto molto da ridire). Ma la storia di Un mondo in vendita era intrigante; ancora oggi riesce a stuzzicare il mio interesse. Immaginavo che il nostro Inigo Zac, assistito dal suo maggiordomo Basilio Fideli (che ancora assomigliava poco a Gregorio Valli), si accorgessero, per un caso fortuito, che una razza aliena fosse in procinto di smantellare, letteralmente parlando, il nostro mondo. La Terra stava per essere spostata in un altro settore spaziale, distante migliaia di anni luce dal nostro, così come si fa con i castelli che vengono trasportati mattone per mattone da un continente a un altro. Pezzi di cielo che venivano via, montagne che scomparivano, mari assorbiti non si sa come in piccoli vasi, e così via. Un filone fantascientifico “pazzesco” così come lo erano certi libri di Sheckley (vedi Il difficile ritorno del signor Carmody) che adoravo oltre misura. Ma, a conti fatti, non credevo che un libro del genere avrebbe mai potuto essere apprezzato in Italia, forse neanche preso in considerazione dal premio Urania, una delle poche possibilità che aveva uno scrittore di fantascienza di farsi conoscere. Parlo naturalmente di tanti anni fa.

Poi, l’incontro con i libri di James Blaylock (autore secondo me sottovalutato), e la serie a fumetti Ruse, scritta da Mark Waid e disegnata da un eccellente Butch Guice. Furono proprio i disegni di quest’ultimo a darmi l’esatta dimensione di Raimondo Mirabile, futurista. La storia aveva poco a che fare con Raimondo e compagnia, ma l’atmosfera era quella giusta. Così, cominciai ad articolare meglio la trama, ma ancora non bastava. Fu Il diario segreto di Phileas Fogg a definire il mosaico in buona parte dei suoi tasselli. In quel romanzo, forse non indimenticabile, P. J. Farmer immaginava il signor Fogg alle prese con una minaccia aliena di inenarrabili proporzioni. Ora, avevo tutti gli elementi, ma ancora non sapevo quale taglio dare alla storia, e soprattutto non sapevo in che epoca ambientarlo. Davo per scontato che non poteva essere ai giorni nostri. Poi, la lettura de L’uomo moltiplicato e il regno delle macchine di Filippo Tommaso Marinetti. Era tutto lì. Lo scenario del mio libro era in quelle due paginette che, a una prima lettura, mi erano sembrate folli e assurde. Avrei collocato Raimondo Mirabile in piena epoca futurista. E da lì, saltò fuori anche il titolo, che in un certo qual modo spiegava anche la piega umoristica che volevo dare alla narrazione: Raimondo Mirabile, futurista… per non parlare del maggiordomo. Sì, perché l’io narrante sarebbe stato un maggiordomo, simile per certi versi a tanti altri maggiordomi dei libri e del cinema, ma a modo suo anche molto italiano. Bisogna tenere alta la bandiera della patria! Certo, un maggiordomo protagonista di un libro di fantascienza era tutto dire, e poteva far storcere il naso a qualcuno, ma non potevo non accettare la sfida. L’idea era sfiziosa, e andava portata avanti.

Ricordo ancora la trepidazione mentre scrivevo il primo capitolo. Avevo paura che una voce narrante così “fuori dal coro” non si adattasse al genere fantascientifico. Invece, più andavo avanti, più mi convincevo che il discorso quadrava in tutte le sue parti.
Alla fine, dopo anni di ricerche, di letture, di appunti e rimandi, di scrittura e riscrittura (grazie anche al duo AcerbiBonfanti, editor-mastini che non mollano mai la presa), è nato il libro. Adesso, s’intitola Raimondo Mirabile, futurista. Ma non bisogna assolutamente scordarsi del maggiordomo!

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